libro Sala d'attesa
tratto da: FANTASTICHE RIFLESSIONI (2016)

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Quella torbida sensazione di colpevolezza sgusciava tra le pieghe dell'anima e non voleva lasciarmi; eppure sapevo benissimo che, se Marco stava ancora lottando per sopravvivere, lo doveva alla prontezza con cui avevo chiamato i soccorsi.
Non ero sola in quell'orgia di bianco e di gelo della sala d'aspetto del Pronto Soccorso, ma ero l'unica ad essere sola.
Appoggiata con le spalle ad un angolo, le mani affondate nelle tasche del giaccone quasi a voler reggere il collo rannicchiato, dominavo la situazione ma non me stessa.
Nessuno badava a me, erano tutti troppo intenti a consolarsi a vicenda, sembravano i quadri di una natura morta o, più semplicemente, una tela di Hieronymus Bosch.
Una coppia di cinquantenni si abbracciava tenendo le braccia lungo il corpo e stringendosi le mani forte, tanto da avere le nocche di colore violetto; un signore attempato percorreva ad ampie falcate lo spazio, in su e in giù, andando dalla finestra alla sedia dove era seduta una ragazza con cui scambiava poche parole sottovoce ma in modo chiaramente concitato; una vecchia pregava girando il rosario tra le dita, mentre suo nipote spiava l'aprirsi e il chiudersi della porta d'ingresso.

Pensavo a Marco, ai tubetti vuoti sul comodino e sul pavimento, alla corsa folle verso l'ospedale, a come lo avevano sbattuto sulla barella e allontanato da me.
E poi l'attesa, l'attesa senza notizie.

Stavamo bene insieme noi due: lui con le sue stranezze, io con le mie e le nostre stravaganze si compenetravano e si comprendevano fino ad annullarsi nella normalità di un amore.
E allora perché quel gesto inconsulto, imprevisto?
Non c'era nulla di imprevisto nella nostra imprevedibilità, non c'era niente d'inconsulto nella nostra pazzia.
Sentivo che mi stava sfuggendo: il suo volto pallido, le sue smorfie grottesche, i suoi occhi rassicuranti, pian piano si disfacevano nella mia mente liquefatti nell'ansia.

Allora pregai.
Pregai dal profondo del cuore come non avevo mai fatto, come pensavo di non essere capace: "Signore ti scongiuro, salva Marco, salvalo dalla colpevolezza del suo gesto, se è un sacrificio umano quello che vuoi, prendi un'altra vita ma risparmia il mio Marco!". Tirai su dal naso trattenendo le lacrime ed emisi un sospiro, quasi un gemito di dolore profondo.

Il dottore uscì dalla porta, chiamò un nome e la coppia di cinquantenni gli si avvicinò. Parlò con loro a bassa voce per un po', l'aria era mesta, poi i due si abbracciarono di nuovo e la donna scoppiņ a piangere disperatamente.

Respirai con sollievo: Marco era salvo.

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