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	   C'era una volta un racconto di non più di cento parole, ma non di paroloni 
	   lunghi e roboanti, bensì di parole buttate lì a caso sulle pagine 
	   di un taccuino moleskine gualcito e un po' macchiato.Era figlio di un autore 
	   distratto e materialista che lo aveva tirato giù in mezz'ora, tanto per 
	   guadagnare un po' di Euro sicuri.
 Infatti, lo scrittore conosceva il capo 
	   redattore di un quotidiano a tiratura nazionale che il sabato pubblicava sempre 
	   quel genere di letteratura spicciola perchè fa tendenza e così 
	   la gente compra il giornale anche quel giorno, avendo più tempo 
	   a disposizione per leggerlo.
 
 Così era stato deciso di pubblicare 
	   il racconto sul paginone centrale dove si trovava in compagnia dei sudoku, 
	   dei rebus, dei cruciverba e delle barzellette.
 Quando il racconto, che era 
	   molto sensibile ed aveva delle velleità letterarie, si era accorto di 
	   occupare così poco spazio c'era rimasto male.
 Era appena un po' più 
	   lungo di un aforisma e, anche se era ben strutturato e la sua trama aveva uno 
	   sviluppo completo, era sicuro che non avrebbe mai avuto una rilevanza non solo 
	   nel panorama internazionale, ma nemmeno in quello locale.
 Si rendeva conto 
	   che non avrebbe mai potuto partecipare ad un concorso letterario, che non 
	   sarebbe mai stato indipendente e che il suo autore, forse, non lo avrebbe mai 
	   neanche incluso in una eventuale pubblicazione futura di una raccolta di 
	   racconti.
 Il nostro racconto, essendo un tipetto orgoglioso e intraprendente, 
	   decise così su due righe, che doveva trovare un modo per 
	   diventare famoso sebbene fosse costituito da appena cento parole.
 Avrebbe 
	   dimostrato al mondo intero di che pasta era fatto!
 In ogni caso, si rese 
	   conto di dover agire in tutta fretta, prima cioè che il giornale fosse 
	   stampato e distribuito nelle edicole di tutta Italia.
 Una volta tanto, 
	   comunque, la fortuna era dalla sua parte.
 Approfittando del fatto che 
	   l'impaginazione del giornale veniva realizzata sul personal computer e che 
	   questo era collegato alla rete di internet, scivolò nella rubrica 
	   telefonica del capo redattore e si autospedì come SMS a tutti i numeri 
	   telefonici in essa contenuti.
 Dovette segmentarsi in quattro SMS; ma, 
	   attraverso l'uso intelligente di una semplice routine, riuscì a replicare la 
	   sua spedizione, dai telefoni raggiunti con il primo invio, a tutti i numeri 
	   di telefono contenuti nelle rubriche di questi ultimi.
 In pochi minuti 
	   tutti i cellulari del mondo furono invasi da copie del Racconto Bonsai.
 L'esito fu catastrofico: molte persone furono colpite da crampi al pollice 
	   per cercare di cancellarlo, altri ebbero per lungo tempo dei tic nervosi per 
	   tentare di riordinare i quattro SMS in cui era diviso il racconto e finalmente 
	   riuscire a leggerlo, alcuni infine, ma solo i più imbranati, ebbero l'esaurimento 
	   nervoso perchè si sforzarono invano di capirci qualcosa.
 Il Racconto 
	   Bonsai divenne così famoso e così letto che ancora oggi, quando 
	   lo senti narrare la sua storia per vantarsene, non fa neanche in tempo a dire 
	   il titolo che invariabilmente si sente rispondere: «Oh, è vecchia, 
	   già la conosco questa storia! »
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